Nel 2020, il Covid-19 ha colpito duramente il nostro Paese e più di 50 milioni di persone in tutto il mondo. I governi operano in un contesto di incertezza radicale e si trovano di fronte a difficili compromessi. É ormai ampiamente risaputo che la pandemia ha innescato la crisi economica più grave dalla seconda guerra mondiale. La natura della crisi non ha precedenti: al di là dei ripetuti problemi sanitari ed economici a breve termine, gli effetti a lungo termine sul capitale umano, sulla produttività e sul comportamento possono essere duraturi. In un contesto così incerto, l’unico aspetto positivo è dato dall’accelerazione di alcune tendenze preesistenti, in particolare la digitalizzazione.
Molte aziende, infatti, hanno risposto alla crisi con un’improvvisa spinta al digitale. Lo studio promosso da SAP ITALIA e Pepe Research, si è proposto di comprendere quali novità ha portato l’emergenza sanitaria in termini di digitalizzazione tra le PMI italiane.
Emergenza tra strategie, sofferenza e tensione reattiva
Le due parole chiave che hanno caratterizzato il tempo del lockdown sono flessibilità e sofferenza. Flessibilità per aver avuto la prontezza di prendere in mano la situazione, reagendo velocemente. Sofferenza, per aver dovuto intraprendere scelte importanti e per l’enorme fatica e stress, dettata dal contesto. Ogni scelta, si è portata dietro un peso e un senso di responsabilità importanti, da gestire in poco tempo.
Per quanto riguarda le aziende, il lockdown è stato un periodo caratterizzato da tensione reattiva. E’ emersa la necessità di adattarsi ad un nuovo scenario, in tempo rapidi. Ciò ha richiesto molta flessibilità, seppur in un momento ricco di complessità. Per il 57% degli intervistati questo ha comportato una riorganizzazione importante del lavoro e delle infrastrutture.
Il cambiamento più di rilievo, è stato in ambito organizzativo e ha coinvolto in primis la gestione del personale per il 77% delle aziende. Queste, sono ricorse allo smart working e alla riorganizzazione del lavoro in sede con l’adozione di dispositivi di protezione individuale e distanziamenti. Proprio per venire incontro alle esigenze emergenti del mercato, nei modelli di business e mercati si è rivista la gestione dei processi (38%) e della supply chain (42%)
Accelerata repentina nella voglia di digitalizzare
Per contrastare l’emergenza Covid-19, la decisione più diffusa tra le aziende è stata quella di ricorrere alla digitalizzazione. Infatti, ben il 70% delle aziende ha messo in campo più progetti legati al digitale. Nella maggior parte dei casi (64%) la strategia è stata quella di accelerare immediatamente processi previsti per il prossimo futuro. In alcuni casi andando ad attivare scelte che venivano procrastinate, o non prese, da tempo.
Quello che emerge dallo studio di SAP e Pepe Research è che l’iniezione di innovazione è stata certamente forte, con l’80% degli executive che ha indicato che la pandemia ha dato la giusta spinta alla digitalizzazione. Le principali innovazioni citate dagli intervistati fanno rifermento a ‘strumenti di collaborazione’, videocall come prima citazione e massiccio ricorso a webinar. Non è mancato però il potenziamento di strumenti di digital marketing ed e-commerce.
Centrale ovviamente l’espansione dello smart working, talvolta nella forma di “home working”. Tra le altre novità citate la dematerializzazione dei contratti e la virtualizzazione di prodotti e servizi. Ma soprattutto, diversi sono i nuovi piani di digitalizzazione in programma per il 69% delle aziende.
Secondo i top manager intervistati è avvenuto un vero cambiamento culturale: la rivoluzione si è innescata e non si può arrestare, ciò che prima era accessorio è ora divenuto fondamentale.
Le criticità più avvertite, tra infrastrutture critiche e sicurezza
Durante l’intervista, la maggior parte del management intervistato credeva di aver un buon livello di digitalizzazione al momento del lockdown. Nonostante ciò, nel momento dell’emergenza i maggiori problemi che sono stati affrontati erano legati proprio alla tecnologia.
Più in particolare, il nodo critico sembra essere stato quello delle infrastrutture:
- carenza di hardware: uno dei problemi più citati è stata l’assenza (e la difficoltà di reperimento nell’immediato) di notebook e sistemi che permettessero il lavoro da remoto;
- problemi di connessione: lavorare da casa ha comportato il ricorso alle reti domestiche, non sempre adeguate, o la dotazione per connessioni Wi-Fi.
- sistemi sottodimensionati: anche ove presenti soluzioni per il lavoro da remoto, raramente questo era pensato per supportare il carico contemporaneo di molti accessi.
Inoltre, sono state evidenziate anche carenze culturali dei dipendenti nel lavoro di rete, ad esempio software di cui non si conoscevano bene le funzionalità. Di conseguenza, i dipendenti hanno dovuto imparare a “lavorare insieme senza esserlo fisicamente”
Come sottolineato in una nota ufficiale da Adriano Ceccherini, Direttore Mercato Piccola e Media Impresa di SAP Italia: «Quello che ha colpito di più durante questo periodo è stata la capacità di reazione di aziende e persone che, dopo un primo e comprensibile momento di smarrimento, hanno saputo riprendere in mano la situazione e dare una nuova direzione e impulso alle loro attività, vita e lavoro. Come SAP ci siamo subito messi a disposizione dei nostri clienti e abbiamo offerto risposte e indicazioni per aiutarle a ripartire in fretta, rendendo più efficienti i processi aziendali, assicurando business continuity e creando nuovi modelli di people e customer engagement. Solo così si possono raggiungere quei livelli di resilienza ed efficienza richiesti dal nuovo scenario e che un perfetto connubio tra persone e innovazione tecnologica possono garantire».