Credito d’Imposta R&S e attività di ispezione dell’ADE
Il credito d’imposta R&S ha sempre generato diffuse incertezze interpretativa dovute alla complessità della normativa non sempre d’immediata applicazione. Questa condizione genera frequenti situazioni di indebite compensazioni del beneficio fiscale dovute alternativamente ad errori commessi in buona fede ovvero a deliberate azioni di violazione della normativa.
L’ Agenzia delle Entrate (Ade) ha riscontrato che molti contribuenti hanno fondato il loro diritto di spettanza del beneficio fiscale esclusivamente sulla correttezza documentale a cui tuttavia fanno spesso da contraltare posizioni del tutto incoerenti dal punto di vista dei presupposti soggettivi e oggettivi di ammissibilità all’agevolazione.
In considerazione di tale premessa, l’odierna azione ispettiva del Fisco non guarda solo il riscontro dell’effettività dell’attività svolta dall’impresa al fine di contestarne l’eventuale inesistenza, bensì entra più nel merito attraverso delle verifiche tese a valutare la sussistenza delle componenti che devono caratterizzare la R&S in conformità con le previsioni del Manuale di Frascati, quale fonte primaria per la misurazione delle attività di R&S.
Le contestazioni mosse dall’Ade presentano altresì un modus operandi del tutto inconsueto perché privo di un corredato parere tecnico del MiSe. Ed è nei confronti di tale filone accertativo che si muove anche la sentenza n. 365/3/2021 della CTP di Vicenza; i giudici, riscontrando l’assenza di un adeguato rigore tecnico da parte dell’ente, hanno posto un ostacolo all’azione di recupero del credito in quanto riconducibile ad un “eccesso di potere dell’Ufficio”, il quale “avrebbe dovuto acquisire autonomamente un preliminare parere tecnico da parte del competente Ministero dello Sviluppo Economico”. La sentenza è di notevole rilevanza se si considera che l’Ade, nel corso delle sue recenti attività ispettive, ha ratificato molte contestazioni legate ad una fruizione scorretta del beneficio, applicando in maniera automatica e senza approfondite indagini, la sanzione prevista in caso di utilizzo di crediti inesistenti e non quella di minore entità stabilita per i crediti non spettanti. Un tale approccio stride con tutta la normativa di riferimento che vedrebbe limitare la comminazione della sanzione per crediti inesistenti a delle ipotesi circoscritte caratterizzate da una dolosa e cosciente condotta fraudolenta da parte del contribuente.
La situazione descritta testimonia come l’Agenzia eserciti ad oggi un’ampia discrezionalità nell’attività ispettiva, senza commisurarla ai singoli casi concreti e senza peraltro ricorrere, spesso e volentieri, ad un corredato parere tecnico del Mi.Se.
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