Crediti d’imposta R&S Inesistenti e Non spettanti: chiarimenti sulle differenze
Come più volte sottolineato, l’Agenzia delle Entrate ha ratificato, in tempi recenti, molte contestazioni legate ad una fruizione scorretta del credito d’imposta R&S, applicando in maniera pressoché automatica la sanzione prevista in caso di utilizzo di crediti inesistenti e non quella di minore entità stabilita per i crediti non spettanti.
Un tale approccio stride parecchio con tutta la normativa ad oggi in vigore e vede limitare la comminazione della sanzione ex art.13 comma 5, del D.Lgs. n. 471/1997 a delle ipotesi caratterizzate da una condotta marcatamente dolosa e coscientemente fraudolenta da parte del contribuente, connotata pertanto da una componente psicologica rilevante.
A delineare in maniera ancor più marcata la distinzione tra crediti d’imposta non spettanti ed inesistenti è intervenuta recentemente la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con le Sentenze n.34443/2021, n.34444/2021 e n.34445/2021 in cui viene stabilito che “Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633“.
Il credito inesistente risulta pertanto connotato da due requisiti essenziali che devono essere contestualmente presenti:
- la mancanza del presupposto costitutivo necessario per farlo sorgere: parliamo pertanto di una condotta fraudolenta del contribuente o comunque una determinazione del credito in base ad una rappresentazione dei dati non reale e non veritiera;
- la non riscontrabilità attraverso i controlli fiscali: intesa come l’impossibilità di riscontrare l’inesistenza del credito mediante le ordinarie attività di liquidazione e controllo, automatizzato o formale, delle dichiarazioni presentate dai contribuenti.
In assenza di uno solo di questi due presupposti il credito d’imposta non può essere qualificato come inesistente, bensì come credito non spettante.
Per una maggiore chiarezza, si richiama infine la Sentenza n. 27599 del 6.10.2020 in cui la Cassazione sottolinea che l’inesistenza del credito portato in compensazione costituisce, salvo prova contraria, un indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente di bilanciare i propri debiti verso l’erario con poste creditorie artificiosamente create, dovendo ritenersi sussistente in capo a quest’ultimo un onere di verifica di quanto dichiarato nelle scritture contabili. Diversamente, nelle ipotesi di compensazione dei debiti verso l’erario con crediti certi nella loro esistenza ma non spettanti occorre provare la consapevolezza da parte del contribuente che il credito non sia utilizzabile in sede compensativa.
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